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Elena Bibolotti ha lavorato a questo libro per anni. Senza narcisismi. Senza fretta. Con dolore, ripensamenti, attese, tempi che rimangono sospesi. Ha cercato di raccontare l’erotismo guardandolo con distacco. Ha cercato di negare il distacco amando i suoi personaggi. Ha abbandonato la scrittura compiaciuta per ferirsi il più possibile con righe autentiche e vere. Il risultato è frutto di strati di coscienza, le letteratura che ama se stessa e cerca di amare il mondo attraverso le parole. È raro tanto rispetto per la scrittura e tanto rispetto per un proprio testo. Ed è per questo motivo che Justine 2.0 non sarà mai un libro come gli altri. E merita attenzione.

Roberto Cotroneo

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Elena Bibolotti ha la rara capacità di trattare il tema erotico rispettando l’immaginario femminile e andando a fondo di tematiche scabrose con la visione originale –trattata seriamente da pochissime autrici (penso a Elfriede Jelinek e Catherine Millet)- che appartiene al sentire delle donne. Il risultato è una scrittura ferma e dolorosa che graffia e, a tratti, sconvolge il lettore/lettrice per la verità fisica e insieme sentimentale raggiunta.

Sandra Petrignani

Elena Bibolotti fa parte di quel gruppo di autori che riescono a tenere lo sguardo del lettore puntato su ciò che –per paura, pudore o “decoro borghese”- preferirebbe non vedere. Smaschera ipocrisie e lo fa con una scrittura nitida ed elegante, anche e soprattutto quando affronta temi giudicati scabrosi. Un paradosso solo apparente, in cui sta l’abilità della narratrice. I suoi personaggi sono spesso vittime della mancanza di libertà. Di un moralismo che è tutt’altro che morale. E, oltre a tutto questo, nei racconti di Elena Bibolotti c’è la capacità di divertire, affascinare e intrigare con spunti brillanti e trame mai scontate. Davvero, non si potrebbe chiedere di più.

Tito Faraci

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Di cosa parliamo quando parliamo di sesso? I racconti di Elena Bibolotti, mostrano quanto il sesso possa essere ancora uno strumento conoscitivo fondamentale. Già a partire dal titolo mettono in scena una galleria di ritratti (soprattutto di donne) e un variegato repertorio di perversioni sessuali, con una descrizione insolitamente precisa, iperrealistica – e dunque straniata – degli organi sessuali. 

Filippo La Porta

Dove l’assertività del linguaggio, della descrizione, perfino la sua prosaicità sospesa, contribuiscono a mettere in moto la dinamo dell’attenzione, dove l’Attesa ancora una volta compie il suo miracolo: non fa distogliere le pupille dal rigo.

A volte, l’attesa può perfino lasciare un varco alla riflessione sull’umano, sul tempo, e il romanzo “erotico” si concede l’andamento della piena educazione sentimentale, ovvero l’osservazione introspettiva.

Alla fine, l’ho già detto, ciò che rende la narrazione compiutamente tale, sferica, è, appunto, la conquista dell’attesa, ossia rapire l’attenzione di chi legge, nella sua forma appunto assoluta, perché questa è proprio l’essenza del racconto che prende il nome di letteratura, disporre le lettere davanti allo sguardo dell’altro, e così siamo assai oltre il romanzo erotico”.

Fulvio Abbate

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Vero, nella scrittura di Elena Bibolotti si trova l’amarezza di una donna che deve avere vissuto molto e sempre a velocità piuttosto sostenuta. Da qui l’amarezza, e anche la conoscenza del sentimento che davvero “move il cielo e l’altre stelle”, cioè l’amore.

Giovanni Choukadarian

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